Bollywood
Quando si parla di cinema indiano si pensa subito a Bollywood, nome che deriva dalla vecchia denominazione – fino al 1995 – di Bombay. In realtà vi sono diversi altri importanti centri di produzione in India oltre a quello di Mumbai. Ne citiamo alcuni: Kollywood da Kodambakkam, una località dello Stato del Tamil Nadu, Tollywood, dal nome della lingua parlata nello Stato dell’Andhra Pradesh: il Telugu. Oppure Mollywood, nel Kerala: quest’ultimo prende il nome dalla lingua ufficiale di quello Stato: il Malayalam.
Secondo alcune statistiche riferite al 2014, 45 milioni di Indiani (il 3,5 % della popolazione) frequentanoregolarmente le 12mila sale cinematografiche del Sub-continente asiatico. E’ un numero impressionante per i parametri europei, ma abbastanza ristretto per l’India, se si considera che la sua classe media ammonta a 300 milioni su un’intera popolazione di 1,28 miliardi. Andare al cinema viene comunque ancora considerato – come nel caso del gioco del Cricket – uno degli hobby nazionali più seguiti. Numerose sale di proiezione sono presenti nelle grandi metropoli come nella capitale commerciale Mumbai, dove si trova il famoso “Bharat Mata Cinema” costruito nel 1930.
Gli attori più famosi – quali Shah Rukh Khan, Amitabh Bachchan, Kamal Haasan, o Suriya il cui nome, nell’alfabeto Devanagari ha il modesto significato di “Luce suprema” – e le note attrici Preity Zintas, Priyanka Chopra, Aishwarya Rai, o le loro colleghe Tamil, Kushboo, Pooja Umashankar – quest’ultima nata però a Colombo, nello Shri Lanka, e qui in foto – sono venerati come idoli e dee; ad alcuni di loro sono stati addirittura dedicati dei piccoli templi dove gli ammiratori si recano per portare offerte votive, come collane di fiori, o vi accendono ceri di pregiato incenso.
Tali manifestazioni – considerate esagerate o Kitsch per la cultura occidentale – in realtà certificano un sincero ringraziamento verso questi personaggi del mondo dello spettacolo che per quelle 3-4 ore (tanto durano i loro catartici film) fanno dimenticare agli spettatori – che commentano ad alta voce, durante la proiezione, le loro gesta spettacolari – la dura fatica del vivere quotidiano in India.
I dialoghi dei film popolari – per certi versi somiglianti ai vecchi “musical” hollywoodiani – sono sempre costruiti attorno ad una serie di sei canzoni con danze e gli argomenti trattati hanno il loro perno nei valori della società e, principalmente, in quelli della famiglia. Ben 1,5 milioni di operatori – tra attori, registi, sceneggiatori, direttori della fotografia, cascatori o controfigure, musicisti, truccatori, pittori di cartelloni e pubblicitari – lavorano nell’industria del Cinema indiano.
Un film può richiedere anche un anno per essere completato, in quanto molti attori recitano contemporaneamente in più film. I costi di produzione per film importanti si aggirano mediamente sui $1,5 milioni (a confronto, a Hollywood, questa cifra sale a $47,7 milioni), e i compensi per i più famosi attori indiani sono di gran lunga più alti dei cachet dei loro più famosi colleghi di lavoro.
L’industria cinematografica Indiana ha una data di nascita ben precisa: 3 Maggio 1913, quando viene prodotto il primo film muto e in bianco e nero, intitolato “Raja Harischandra: è la storia di un famoso Maragià della dinastia Ikshwaku del IV sec. A.C.; il film era stato diretto e prodotto da Dadasaheb Phalke.
Oggi le case di produzione indiane immettono sul mercato interno circa mille film all’anno visti poi nelle circa 12mila sale del sub-Continente, e gli incassi hanno superato nel 2014 i $4 miliardi, con una previsione, per il 2016 di $4,5 miliardi, e con un trend in costante aumento stimato sul 10% all’anno.
Tanto per fare un paragone, Hollywood con circa 500 film prodotti ogni anno, ha ricavato nello stesso periodo, dalle 40mila sale cinematografiche del mercato Nord-Americano, incassi – ovviamente con costi dei biglietti molto più alti – per $10,35 miliardi, che corrispondono a circa il 20% del mercato mondiale dell’industria del Cinema USA; tuttavia in questo secondo caso si è registrato un decremento degli introiti del 5,2% rispetto al 2013.
Un curioso dettaglio, per gli Occidentali, è che a volte, nei film vengono inserite delle riprese effettuate all’estero – in Svizzera o in Italia – paesi questi, che gli Indiani considerano come luoghi esotici!
Nel Sud dell’India si gira oltre il 50% della produzione nazionale: 600 film nel 2014, in lingua Tamil, Telugu, Kannada e Malayalam, e circa il 50% dei costi è rappresentato dal compenso per gli attori più famosi. Uno di essi, Rajinikanth, è qui raffigurato nel poster del film in lingua Tamil “Lingaa”: un’opera lunga tre ore, doppiata sia in Telugu che Hindi.
Sono 22 le lingue ufficiali dell’India: Assamese, Bengalese, Bodo, Dogri, Gujarati, Hindi, Kannada, Kashmiri, Konkani, Maithili, Malayalam, Manipuri, Marathi, Nepali, Oriya, Punjabi, Sanscrito, Santali, Sindhi, Tamil, Telugu, e Urdu. Inoltre oltre 750 dialetti arricchiscono le diversità linguistiche dei 29 Stati, e dei 7 territori ivi compreso quello della capitale federale New Dehli.